Bernard Bialorucki / iStock

Calendari venatori e proposte refendarie

Nelle settimane appena trascorse si sono tenute le udienze camerali che avrebbero dovuto confermare o meno la sospensione della pre-apertura della caccia in molte regioni italiane. I Tar sospendono i provvedimenti impugnati e conducono i provvedimenti regionali entro i limiti fissati da Ispra.

Elena Capone

Avvocata amministrativista di Milano, figlia d'arte di un appassionato cinofilo ed amazzone amatoriale, orienta il suo impegno alle tematiche legate alla tutela dell'ambiente e degli animali.

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Nelle settimane appena trascorse si sono tenute le udienze camerali che avrebbero dovuto confermare o meno la sospensione della pre-apertura della caccia in molte regioni italiane.

Il 22 settembre, infatti, il TAR Calabria[1] si è pronunciato in seduta collegiale in merito all’istanza cautelare presentata dalle associazioni animaliste ricorrenti, confermando la sospensione già disposta con il decreto presidenziale n. 516, del 28.08.2021, in quanto, relativamente al

«prelievo della tortora selvatica, appare sussistere il fumus boni iuris tenuto conto sia del parere ISPRA e della nota Ministero della Transizione Ecologica del 25.6.2021, i quali, al fine dell’autorizzazione al prelievo venatorio di detta specie di uccello, sembrano attribuire prevalente risalto alla necessità della previa adozione di piani di gestione che, al momento, sembrerebbero insussistenti, ma anche avuto riguardo alla nota della Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea n.(2021) 4578530 del 15.7.2021 laddove, per un verso, appaiono evidenziati dubbi in ordine all’effettività della riduzione del 50% del prelievo rispetto alla media del periodo 2013-2018 e, per altro verso, vengono raccomandati specifici adempimenti in termini di reporting, sistemi di controllo di applicazione delle norme e monitoraggio, dei quali non sembra evincersi, almeno dalla sommaria disamina della relazione al calendario venatorio, puntuali e adeguate modalità di attuazione»;

continua poi ritenendo anche per la pavoncella

«sussistere il fumus boni iuris, avuto riguardo al fatto che, da una disamina sommaria della documentazione in atti, sembrano potersi porre dei dubbi, almeno all’evidenza cautelare, circa l’effettiva idoneità del Piano denominato “International Multi-Species Action Plan for the Conservation of Breeding Waders in Wet Grassland Habitats in Europe 2018 – 2028”, valorizzato dall’amministrazione nel provvedimento impugnato a fungere quale piano di gestione idoneo a soddisfare quanto richiesto a livello comunitario per consentire il prelievo di tale specie senza che ne derivi un vulnus non tollerabile, ragion per cui, nelle more dell’approfondimento nella fase di merito, appare conforme al principio di precauzione ritenere che – nel bilanciamento tra i contrapposti interessi-l’interesse pubblico generale alla conservazione delle specie animali selvatiche prevalga, in sede cautelare, su quello individuale o associativo ad esercitare la caccia (in termini anche Cons. Stato, Sez. III, decr. 14.10.2019, n. 5077; T.A.R. Veneto, decreto n. 379 del 2020)».


La questione sul calendario venatorio è molto più combattuta in territorio siciliano.

Come già commentato in un precedente contributo, anche in Sicilia la pre-apertura della caccia è stata sospesa dal Presidente del TAR Catania, tuttavia l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’Avvocatura dello Stato è stata accolta dal Presidente della sede centrale del TAR Sicilia, a Palermo, spostando pertanto il contenzioso nella sede del capoluogo.

I successivi provvedimenti non sono stati resi disponibili alla consultazione pubblica e pertanto al momento non se ne può avere conoscenza.

Attualmente la caccia in Sicilia è stata avviata alla data di apertura ordinaria del 02 ottobre.

Sulla scia di tali provvedimenti anche il Presidente del TAR Lombardia, sede di Milano, con decreto n. 969 del 21.09.2021[2], ha accolto l’istanza di misure cautelari urgenti presentate dalla LAC (Associazione Lega per l’Abolizione della Caccia Onlus), unitamente al ricorso per l’annullamento del decreto regionale, avente ad oggetto“Determinazioni in ordine al calendario venatorio regionale per la stagione venatoria 2021/2022, riduzione, ai sensi dell’articolo 1, comma 7, della L.R. 17/2004, del prelievo di alcune specie di avifauna”, nonché della DGR Lombardia XI/5169 del 02.08.2021, dal titolo “Disposizioni integrative al calendario venatorio regionale 2021/2022”.

Anche in questa sede il Presidente del TAR, senza peraltro motivare troppo diffusamente, ha sospeso i provvedimenti impugnati

«Ritenuto, ad un primo esame, che ricorrono i presupposti di particolare gravità ed urgenza, previsti dalla succitata normativa, tali da non consentire di attendere la discussione alla prima Camera di consiglio utile, anche perché nel bilanciamento dei diversi interessi, in relazione alla natura delle censure dedotte sul piano procedimentale e sostanziale rispetto al parere di ISPRA – ad eccezione di Moriglione e di Combattente – in termini di violazione dei principi generali in materia, appare prevalente l’interesse pubblico generale – ma anche dei cacciatori più avveduti – alla conservazione ed al mantenimento della fauna selvatica; Ritenuto, di conseguenza, di disporre la sospensione interinale degli atti impugnati fino alla trattazione collegiale della istanza cautelare che viene fissata al 7 ottobre 2021».


Con sentenza resa in forma breve, la Quarta Sezione del TAR Milano ha infine accolto il ricorso presentato da LAC e annullato il calendario venatorio lombardo nella parte in cui, per alcune specie dell’avifauna si discostava dal parere ISPRA senza fornire «una congrua motivazione, da reputarsi nel caso di specie come motivazionerafforzata”, trattandosi di uno scostamento da un parere reso da un ente di rilievo nazionale preposto alla tutela del bene “Ambiente”, di rilievo costituzionale (si veda l’art. 117 comma 2 lettera “s” della Costituzione)»[3].

In particolare, il TAR Milano ha ricondotto i provvedimenti regionali entro i limiti di prelievo fissati da ISPRA nel suo parere, nel quale erano riportate le seguenti indicazioni:

per l’Allodola Ispra reputa necessario adottare le misure previste dal piano di gestione nazionale ed iniziare l’apertura in data 1° ottobre;

per la Tortora selvatica Ispra ha sottolineato il cattivo stato di conservazione, con necessità pertanto della sospensione del prelievo, parimenti la sospensione del prelievo dovrebbe estendersi anche alla Moretta, il cui stato di conservazione non è favorevole e che può essere confusa durante la caccia con la Moretta tabaccata;

per il Tordo bottaccio, la Cesena e il Tordo sassello il parere pone in luce come gli ordinari periodi di caccia di cui all’art. 18 comma 1 della legge n. 157/1992 (peraltro modificabili ai sensi del successivo comma 2) non sono compatibili con il documento denominato “Key Concepts” (documento adottato dalla Commissione della UE di definizione dei periodi di riproduzione e di inizio della migrazione per ogni specie cacciabile, cfr. pag. 3 del parere Ispra), per cui si propone la chiusura del periodo venatorio al 20 gennaio;

quanto alla Pavoncella, si confermano sia il cattivo stato di conservazione sia la necessità della sospensione del prelievo, anche per evitare procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea, su tale specie preme ricordare che anche per la passata stagione venatoria 2020/2021 la scrivente Sezione aveva disposto la sospensione del prelievo con propria ordinanza cautelare n. 1331/2020;

anche la Quaglia risulta in cattivo stato di conservazione ed appare in declino a livello europeo, sicché Ispra chiede la chiusura della caccia al 31 ottobre;

quanto alla Coturnice – rientrante fra i Galliformi alpini – Ispra invita la Regione ad adottare le misure previste dai piani di gestione nazionale secondo lo schema approvato dalla Conferenza Stato-Regioni».

Nell’acceso dibattito giurisdizionale di cui si è appena accenato in materia di attività venatoria, si aggiunge anche la proroga del termine per la presentazione delle firme in Cassazione per la richiesta di indizione del referendum abrogativo presentato dal comitato promotore “Sì, aboliamo la caccia” che mira appunto a rendere vietata l’attività venatoria.

Con la proposta abrogativa presentata il 21 maggio dinanzi alla Corte di Cassazione, infatti, il Comitato Sì Aboliamo la Caccia (nel testo proposto e pubblicato in G.U. n. 121 del 22 maggio 2021), richiede innanzi tutto la totale abrogazione delle sanzioni penali ed amministrative previste dalla L. 157/1992, poiché, a parere dei promotori, la tutela per le violazioni ai divieti imposti dalla legge – come risultanti dall’accoglimento del quesito referendario – dovrà essere sanzionata dalle più gravi norme previste dal Titolo IX° bis del Codice Penale, agli artt. 544 bis e 544 ter, che tratta di veri e propri reati.

Il quesito del referendum propone di eliminare alcune disposizioni normative contenute della legge del 1992 tra cui quelle che consentono l’attività di caccia (art. 1, comma 2 e art. 22 che vuole abrogare il rilascio della licenza per l’attività venatoria) e di utilizzare i cosiddetti richiami vivi, cioè animali della stessa specie di quelli che si intende cacciare (arte. 4 e 5). Il testo interviene anche sulle competenze dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (attualmente confluito nell’ISPRA) e ulteriori modifiche sono previste dall’art. 12 all’art. 19 della legge che forniscono alcune definizioni realtive all’attività venatoria[4].

Grazie alla proroga del termine per la presentazione delle firme, il Comitato promotore ha tempo ora fino al 20 ottobre per raggiungere le 500.000 firme necessarie per la presentazione della richiesta alla Corte di Cassazione e il successivo esame della proposta avanti la Corte Costituzionale.

Tra le modalità di raccolta delle firme si è infatti aggiunta, soltanto da metà luglio, la possibilità di sottrocrivere la richiesta di referendum abrogativi anche attraverso l’utilizzo delle credenzili SPID, strumento molto più rapido e sicuro, in termini di certezza della provenienza della sottoscrizione, che così non ha bisogno di essere apposta dinanzi ad un pubblico ufficiale per la sua autenticazione.

Al momento in cui si scrive mancano ancora circa 109.000 firme, ci si augura però che entro la data prevista si riesca a presentare la richiesta, quantomeno per dare al Parlamento un segnale forte di necessità di intervento e armonizzazione in materia.

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