Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro, “Tutti figli di madre terra”

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«Oggi questo spazio di libertà non esiste neppure per la specie umana, costretta ad essere praticamente schiavizzata nella produzione di beni in surplus rispetto all’effettiva domanda, solamente per rispondere al gioco di capitalizzazione dell’alta finanza. Una situazione che toglie tempo libero agli individui e li distoglie dall’esercizio di una propria libera creatività. Animali da reddito e umani sembrano essere coinvolti nello stesso destino».

Già, quelli da reddito. Un mondo a parte. Quello degli animali invisibili. Quelli che in numero impressionante ogni anno vengono macellati, dopo essere rimasti per ore ed ore ammassati all’interno di camion in condizioni talmente indicibili che probabilmente il mattatoio rappresenta un atto di pietà.

Di questo e di tanti altri temi non oltremodo procrastinabili, Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro raccontano in questo pregevole lavoro. E lo fanno con una semplicità di linguaggio che permette al lettore una identificazione quasi immediata con la realtà che descrivono. Una realtà non piacevole. Piena di sofferenza, per noi e per loro. Gli “altri”.

L’avere posto animali e umani nella stessa condizione è la chiave di lettura di questo libro. Il punto di partenza per affrontare la questione animale, che è la questione degli esseri viventi, nessuno escluso. Appunto quella “ecospiritualità” richiamata nel titolo del libro che conduce a considerare tutte le creature viventi aventi pari dignità.

Per gli autori siamo tutti figli di Madre Terra e, abbracciando questo punto di vista, quella uguaglianza di dignità è naturalmente consequenziale. E riguarda anche la comunità vegetale nella sua infinita composizione.

Inevitabile quel silenzioso grido di dolore che esprime la lettura di questo libro. Come sia possibile — si chiedono gli autori — non rimanere sconvolti dalla sofferenza fisica e psicologica che l’essere umano infligge all’altro da sé?

Questa sofferenza non è solo ed esclusivamente quella derivata dallo sfruttamento legale degli animali. I due autori vanno oltre e con coraggio — e grande onestà — denunciano come ci siano altre forme “benigne” di sfruttamento, incoraggiate ed applaudite. Che aumentano il credito che gli animali vantano nei confronti degli umani senza però che, i primi, abbiano mai inteso divenire creditori.

Loro, gli animali, sono dunque involontari creditori di una gioia di vivere che ci trasmettono ogni giorno perché sono gli unici che, per loro natura, sono capaci di vivere il “qui e ora”.

Perché, concludono i due autori, sono saggi, infinitamente più saggi di noi umani.

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