Nell’arco di dieci anni il consumo pro capite di carne è calato del 7% — evidenzia il dossier — percentuale che trova conferma nella diminuzione sia della quantità di carne prodotta nei macelli italiani, che di quella importata dall’estero.
Allo stesso tempo, il numero totale di animali macellati è aumentato, poiché a fronte della riduzione del numero di macellazioni di animali di grossa taglia taglia e a carne rossa, come maiali e bovini, vi è stato un aumento di quelle di animali più piccoli e a carne bianca, soprattutto polli. Un cambiamento nei consumi dovuto in parte anche alle indicazioni contenute nel rapporto OMS del 2015, in cui la carne rossa è stata classificata tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’essere umano.
Motivazioni simili sono da ricercarsi anche nell’aumento del consumo di pesce, cresciuto del 33% in dieci anni e sostenuto soprattutto da un maggior ricorso alle importazioni. Risulta infatti in calo in Italia la produzione proveniente dalla pesca e stabile quella da acquacoltura, ovvero l’allevamento di pesci.
Nel 2019, gli italiani hanno consumato 5,4 kg in meno di carne pro capite. «Diversi fattori hanno contribuito, come i crescenti appelli a un’alimentazione più attenta alla salute, una maggiore consapevolezza circa l’enorme impatto ambientale della produzione di carne, ma anche un aumento della sensibilità rispetto alle condizioni in cui vengono allevati gli animali», dichiara Simone Montuschi, presidente di Essere Animali.
Secondo l’organizzazione il fattore empatia ha giocato un ruolo chiave nel crollo delle macellazioni di alcune specie in cui l’Italia era leader europeo per allevamento e consumo delle carni, come i cavalli (-70%), agnelli e conigli (-30% per entrambi).
Il report di Essere Animali evidenzia anche un crollo nel consumo di latte. Gli italiani oggi ne bevono 7,6 litri in meno rispetto a dieci anni fa, mentre aumentano gli acquisti di bevande vegetali, più digeribili e facilmente accessibili in tutti i supermercati. Rimane stabile il consumo di formaggi e quello di uova, quest’ultimo solo in leggera flessione.
La filiera della produzione di uova è l’unico settore in cui si stanno verificando cambiamenti nel metodo di allevamento, con numerose aziende che hanno dismesso le gabbie per passare all’allevamento a terra. Ma si tratta comunque di sistemi intensivi, che costituiscono la modalità di allevamento preponderante nel nostro paese, anche per le produzioni DOP. Il report infatti evidenzia come solo l’1% degli allevamenti da carne sia biologico. Non solo, se si escludono timide eccezioni, come ad esempio un lieve incremento del biologico per bovini da carne, aumentano i cosiddetti grandi allevamenti, capaci di contenere in un solo capannone migliaia di animali.
La ricerca
Per la stesura del report sono stati raccolti dati circa il numero di animali allevati e macellati in Italia nel corso degli anni, il metodo di allevamento e il consumo pro capite.
Sono state analizzate anche le importazioni di carne e derivati di origine animale, ma non quelle di animali vivi, essendo questi ultimi già conteggiati all’interno dei numeri delle macellazioni del nostro paese. Anche le esportazioni dall’Italia verso l’estero non sono state prese in considerazione.
I cambiamenti sui consumi e sulla produzione di carne evidenziati nel report non sono riconducibili a cambiamenti demografici o economici avvenuti negli anni nel nostro paese. Infatti, rispetto a dieci anni fa, la popolazione italiana è pressoché immutata, così come il reddito pro capite e la capacità di spesa.