Già fuorilegge nelle isole Canarie e in Catalogna, secondo alcuni la corrida potrebbe presto essere abolita anche nel resto della Spagna.
Sono un centinaio le città spagnole grandi e piccole che nel tempo hanno cancellato corride e feste storiche con i tori ma negli ultimi mesi la tendenza sembra intensificarsi, trascinata dall’insediamento di giunte legate a Podemos, il partito nato dal movimento degli Indignandos che nel 2011 chiedevano modifiche radicali alla società e che oggi nel suo programma elettorale promuove l’abolizione della tauromachia.
Così dopo le Canarie (dove sono vietate dal 1991) e la Catalogna (che le ha messe al bando dal 2012) adesso anche le isole Baleari sono pronte a dire addio alla tauromachia e alle corse dei tori. A Madrid invece il nuovo sindaco di sinistra Manuela Carmena ha revocato il finanziamento alla locale Scuola di Tauromachia, e anche Valencia, Alicante, La Coruña e altre città più piccole hanno ritirato lo stanziamento di fondi a favore delle arene, annunciando in alcuni casi referendum abolizionisti.
Nella regione di Barcellona, a tre anni dall’abolizione i pochi nostalgici sono rimasti silenziosi. Del resto, i sondaggi danno atto che l’interesse per le corride è costantemente calato nel corso degli anni, anche a causa dell’assedio costante degli antitaurinos, organizzati in collettivi spontanei e che continuano incessantemente a protestare. Non è raro che le arene siano ormai piene più di turisti che di autoctoni e che per riempirle si distribuiscano spesso biglietti gratuiti.
Inoltre, con una storica votazione a stragrande maggioranza (438 voti a favore e 199 contrari), il 28 ottobre 2015 anche il Parlamento Europeo ha approvato un emendamento che cancella dal bilancio dell’Unione Europea i sussidi — ben 129 milioni di euro l’anno — erogati agli allevatori di tori da combattimento. Da questi sussidi dipende in gran parte la sopravvivenza del settore, come indicato in un report del 2013. Adesso che questi sono stati eliminati, sarà probabilmente lo Stato spagnolo a sopperire, almeno in parte, con propri stanziamenti.
Anche le proteste si fanno sempre più accese: è di pochi mesi fa il commovente video che mostra l’attivista Virginia Ruiz saltare nell’arena di Malaga per confortare il toro morente ed impedire al matador di finirlo con la spada. Un gesto simbolico, che le potrebbe costare una multa molto cara ma che ha contribuito a far parlare della corrida ed a mettere la Spagna in cattiva luce sui media internazionali.
Sempre più roventi anche le polemiche scatenate di anno in anno dal tradizionale Toro de la Vega di Tordesillas, un torneo di origine medievale antesignano delle moderne corride, in cui il toro viene inseguito a cavallo, colpito con lance e ucciso sotto gli strepiti della folla festante.
Quest’anno un centinaio di artisti si sono offerti di esibirsi gratis, al posto del torneo.
Gli organizzatori hanno rifiutato l’offerta e il torneo si è svolto regolarmente, con proteste e aggressioni a danno dei manifestanti e dei cronisti, sorte subita anche da Valerio Staffelli di Striscia la Notizia, accorso su segnalazione dei tanti cittadini italiani indignati.
Il declino è vicino?
Nel leggere queste notizie, alcuni commentatori hanno iniziato a speculare sui media internazionali che la fine della corrida potrebbe essere vicina. È davvero così? La realtà è più complessa e questi dati ne fotografano solo una parte.
In Spagna il toro non è solo la vittima designata nelle corride: il settore taurino include più di 15.000 feste tradizionali, che continuano a raccogliere 24 milioni di visitatori ogni anno e sono più vive che mai, come anche denunciato di recente da Igualdad Animal, che aveva diffuso un filmato e lanciato una petizione per chiedere all’Unione Europea di revocare i sussidi di 129 milioni di euro l’anno che ancora nel 2014 erano stati confermati a favore degli allevatori di tori da corrida.
Il vero simbolo di identità ed orgoglio nazionale resta però la corrida, per questo il calato interesse del pubblico negli ultimi anni ha messo in allarme il Governo, tanto che per risollevarne le sorti nel 2011 l’esecutivo Zapatero aveva emanato un decreto che qualifica la corrida «disciplina artistica e prodotto culturale» e affida al Ministero della Cultura il compito di proteggerla e promuoverla. Una mossa che dovrebbe assicurare al settore la sopravvivenza e rendere illegali divieti locali, poiché la Costituzione considera e tutela le espressioni culturali come diritti primari dell’uomo.
Con la vittoria del Partito Popolare di Rajoy, da sempre favorevole alla conservazione delle tradizioni legate ai tori, la TV nazionale ha ripreso a trasmettere le corride ed il governo ha fatto sapere che intende fare di tutto per impedire che possa ripetersi in altre regioni quanto avvenuto in Catalogna. Non solo: già pochi mesi dopo l’approvazione del divieto da parte del Parlamento della regione autonoma, il PP aveva fatto ricorso alla Corte costituzionale per cercare di far annullare la legge. Al momento i giudici non si sono ancora espressi perché la decisione catalana era basata su un’iniziativa di legge popolare e probabilmente non si riteneva opportuno infiammare il clima politico della regione, da sempre animata da spinte separatiste.
Di pochi giorni fa, invece, la notizia che il ministro dell’Educazione ha pensato bene di introdurre la corrida tra le materie opzionali nelle scuole superiori. È stato così istituito un apposito corso biennale in Tauromachia, al termine del quale gli alunni riceveranno un certificato di pratica professionale che dovrebbe spianargli il futuro come toreri o allevatori di tori da competizione.
Come è intuibile, questa volontà di sorreggere il settore non intende soltanto salvaguardare i valori tradizionali rappresentati dalla tauromachia e dalle feste taurine ma anche i notevoli interessi economici che gli ruotano attorno. Non si tratta di spiccioli: il settore produce l’astronomica cifra di 3,5 miliardi di euro l’anno di ricchezza e ha una capacità occupazionale di oltre 200mila persone.
Evidente quindi che nonostante l’opposizione interna sempre più forte e lo sdegno che aumenta nel resto del mondo, prima di assistere alla fine della corrida e delle altre manifestazioni tradizionali con i tori in Spagna occorrerà aspettare ancora del tempo.