Due storie diverse, emblematiche di una medesima crisi che non è solo di spettatori. Tradizione e futuro davanti allo stesso triste epilogo, la fine. Circo Barnum e Cirque del Soleil, tra tutti. Leggere le cronache per capire. Storie di uomini e di animali che si incontrano, incrociano, sovrappongono. Futuri incerti per entrambi anche se per gli animali il futuro a volte non è neppure un’opzione prevista.
Anno 2017, quello della ritenuta svolta. Il Parlamento approva la legge delega n. 175, la legge che avrebbe tolto gli animali dal circo. Applausi. Non da parte di tutti però. Per alcuni gli animali al circo stante bene. Non si può confondere il benessere animale con la reazione psicologica che alcuni spettatori possono avere di fronte allo spettacolo che impiega animali. Forse. Mi interessa poco il tema. Non riesco a percepire quale possa essere il valore sociale, educativo, divulgativo, artistico nel fare vedere un elefante che fa le capriole oppure un uomo che divarica le fauci di un leone mostrandole al pubblico presente con finta soddisfazione. Da ignorante quale sono credo si tratti di un fatto culturale prima ancora che di un fatto etologico e di rilevanza giuridica. Sono persuaso che anche gli studi scientifici più autorevoli riferibili agli animali abbiano il limite della esperienza. L’umano non avrà mai modo di sapere quale sia il dolore del non umano. La comprensione dei non umani è necessariamente imperfetta e tale limite deve impedire di vedere similarità date per scontate. Con l’aggravante di leggere negli animali quei comportamenti che stesso uomo ha creato. Ai più scettici suggerisco di leggere qualche riflessione di Enrico Alleva, Giorgio Vallortigara, Felice Cimatti.
Torniamo alla legge del 2017 e alla errata corrige. Con quel provvedimento normativo il Parlamento ha “solo” incaricato il Governo di adottare un decreto legislativo che, tra tante altre cose, avrebbe dovuto includere anche il graduale superamento dell’utilizzo degli animali nelle attività circensi. Il progetto della legge delega inizialmente parlava di eliminazione ma è apparso subito troppo audace. La promessa dello Stato di esaudire una desiderata del popolo deve essere credibile. Graduale superamento sì. Eliminazione dell’utilizzo degli animali al circo (ancora) no. Meglio una promessa facile. L’importante è che la politica non dica cosa questa scelta avrebbe comportato e in quale modo si riteneva poterla realizzare. Un trionfo della retorica. Enfatizzare un qualcosa per occultare altro. Tipico espediente del potere legislativo. Tutti ci hanno creduto anche se non era difficile intravedere una patetica bugia, come tale si è poi rivelata.
Tre anni dopo, gennaio 2020, l’iter legislativo (pardon, la bugia) si è rinnovata. Come ogni anno si rinnova quella di Babbo Natale. Ha un nome e un cognome: disegno di legge n. 1312 che, come è successo per la legge n. 175 del 2017 ormai scaduta, come il latte, dovrà trasformarsi in una nuova e diversa legge delega. Questa dovrebbe partorire quel decreto legislativo che ancora stiamo aspettando e che dovrà essere adottato entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge delega che ancora oggi, anno 2021, non c’è.
Alcune non trascurabili variabili. Una volta partorito il decreto legislativo occorreranno i pareri delle commissioni parlamentari che potrebbero prorogare il biennio di attesa di ulteriori novanta giorni. Il Governo, qualora non ritenesse opportuno ricorrere ai pareri delle commissioni, potrebbe inviare il decreto legislativo al Parlamento con le proprie osservazioni e eventuali modificazioni. E comunque entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo sempre il Governo potrebbe adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.
Proviamo a fare due conti. Ipotizzando il varo della legge delega non prima del 2022 (basta guardare la attuale situazione politica italiana aggravata dalla pandemia) potrebbero passare almeno tre anni prima di giungere ad un definitivo provvedimento che decreti il graduale superamento dell’utilizzo degli animali all’interno dei circhi. Saremo così nel 2025. Solo allora dovrebbe iniziare la graduale trasformazione che, a dire di qualche autorevole commentatore, potrebbe durare non meno di tre anni. Si giungerebbe così al 2028.
E proprio la trasformazione graduale rimane il punto nevralgico della riforma che, se mal gestita, potrebbe fare implodere la riforma stessa rivelando l’incapacità delle istituzioni e la pochezza di quella promessa a cui tanti hanno creduto sin dal 2017. Due i problemi individuabili. Gli animali, che sono di proprietà dei circensi, dovranno essere ricollocati (dove e a spese di chi?) e occorrerà mitigare attraverso incentivi e percorsi di riqualificazione gli stessi circensi. È evidente che quanto più lungo è il tempo di esercizio di una delega quanto più è concreto il pericolo che il delegato (il Governo) possa subire l’influenza di contingenti particolari condizioni politiche e di fatto che inficino, trasformino, modifichino, costringano a rivedere i criteri e gli obiettivi di cui alla legge delega stessa (e mi chiedo quali siano).
Tutto compromesso? Dipende. Il legislatore rimane sempre e comunque il Parlamento, l’unico titolare della funzione legislativa che, nel caso di legge delega, è solo temporaneamente esercitata dall’esecutivo. Siamo una forma di governo parlamentare e, come si usa dire, il boccino è in mano al Parlamento. Tradotto: è solo questione di volontà. In gioco c’è molto. La credibilità della nostra politica. Ma soprattutto l’affermazione di un principio assoluto. Quello per cui non possiamo più continuare a sfruttare gli animali nella consapevolezza — pardon, dubbio — di arrecare loro grave danno.
Non illudendosi che dismettere gli animali dalla pratica circense sia un traguardo. Quanto più ci avviciniamo al punto di svolta tanto più diventa importante prendere la direzione giusta altrimenti viene vanificato quanto di importante è stato fatto sino ad oggi. Avvicinarsi ad un punto di svolta non significa esservi prossimi. In qualche giardino zoologico sparso nella nostra penisola ci saranno magari degli orsi polari che, per il divertimento di grandi e piccini, ogni estate rischiano di crepare.
A buon intenditore, poche parole. Ricordando che la speranza ha due meravigliosi figli: l’indignazione e il coraggio. Di indignazione ne abbiamo tanta. E di coraggio? Occhio a non dire bugie perché di solito dovrebbero avere le gambe corte. Appunto, di solito.