Europarlamento
Guillaume Périgoi/Unsplash

La normativa europea a protezione degli animali utilizzati a fini alimentari. Una revisione necessaria, urgente, possibile.

La Commissione europea ha pubblicato il documento elaborato nel corso della revisione della legislazione sul benessere animale. Un excursus sull’evoluzione storica della normativa e le motivazioni per cui una nuova direzione è possibile.
Daria Vitale

Daria Vitale

Ex responsabile animali allevati (febbraio 2022 - maggio 2024).

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Il 4 ottobre 2022 la Commissione ha reso pubblico il documento di lavoro elaborato nel corso del procedimento di revisione della normativa europea applicata alla tutela degli animali.
Nel contesto della European Farm to Fork Strategy (F2F), la Commissione si è infatti assunta l’impegno di revisionare entro il 2023 l’impianto della normativa che disciplina i livelli minimi di protezione da garantire agli animali durante le fasi di allevamento, trasporto e macellazione. Si tratta di una strategia elaborata in attuazione dello European Green Deal, un insieme di iniziative elaborate con l’obiettivo di avviare una transizione dei modelli economici europei, al fine di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Gli obiettivi dello European Green Deal

L’approccio olistico che ha caratterizzato questa iniziativa ha determinato l’elaborazione di una strategia indirizzata a riplasmare i sistemi alimentari. I processi di produzione che caratterizzano il settore sono infatti responsabili di 1/3 delle emissioni globali di gas serra, causano perdita di biodiversità e determinano effetti negativi, sia in termini di salute umana, che di un equo ritorno economico per i produttori coinvolti nella catena di approvvigionamento. L’obiettivo è di attuare una transizione a un sistema alimentare sostenibile, declinato secondo caratteristiche specificamente individuate:

  • la determinazione di un impatto ambientale neutrale o positivo;
  • la mitigazione dei cambiamenti climatici, anche attraverso la gestione del loro impatto;
  • la determinazione di un processo di ripristino della biodiversità;
  • l’offerta di garanzie con riferimento a sicurezza alimentare, salute pubblica, equo approvvigionamento di alimenti sicuri, nutrienti, accessibili, in grado di garantire un opportuno ritorno economico, incentivando la concorrenza e promuovendo il commercio equo.

La necessità di una revisione della normativa sulla protezione degli animali usati a fini alimentari

In questo contesto la F2F Strategy ha delineato il ruolo di centralità della tutela degli animali coinvolti nella catena di produzione alimentare, non solo con riferimento alla produzione interna all’Unione, ma anche in relazione al peso che gli impegni europei possono determinare sui modelli di produzione internazionali:

Better animal welfare improves animal health and food quality, reduces the need for medication and can help preserve biodiversity”.

Il processo di revisione avviato in quest’ottica ha l’obiettivo di determinare il grado di adeguatezza della normativa attualmente vigente agli obiettivi di sostenibilità e neutralità energetica imposti dallo European Green Deal. Un processo complesso che ha preso avvio da una valutazione complessiva della normativa ad oggi vigente, con il fine di comprendere quanto la stessa sia adeguata a evidenze scientifiche, sensibilità sociale e aspettative dei consumatori. L’analisi, che ha visto un forte appoggio da parte del Consiglio e del Parlamento dell’Unione europea, ha coinvolto diversi stakeholders e oltre 60.000 cittadini, che attraverso una consultazione pubblica hanno fornito dati di rilievo per la definizione delle risultanze emerse. Un’approfondita ricerca ha inoltre proceduto a vagliare la letteratura scientifica prodotta dal mondo accademico e dalla European Food Safety Authority (EFSA), analizzando i documenti politici rilevanti adottati in seno alle Istituzioni europee nel periodo di vigenza dell’impianto normativo a tutela degli animali da allevamento.

L’evoluzione storica della normativa europea

Il documento fornisce un quadro di ricostruzione storica dell’evoluzione della normativa europea a protezione degli animali da allevamento, delineando il ruolo di rilievo che questa ha assunto in relazione all’avanzamento significativo della tutela degli animali. Prima della sua introduzione infatti gli animali non godevano di alcuna considerazione, se non in relazione all’ottimizzazione dei tassi di produzione industriale. Così, ad esempio, ai vitelli era destinata un’alimentazione che aveva l’unico obiettivo di assicurare che le loro carni restassero chiare, permettendo la loro stabulazione in box individuali per la propria intera vita, spesso in completa oscurità. Nessuna garanzia era offerta in relazione all’interazione sociale tra animali e le percentuali di detenzione all’interno delle gabbie erano elevatissime (nel 1996 il 93% delle galline utilizzate per la produzione di uova all’interno dell’Unione era confinata in gabbie della dimensione di un foglio a quattro). Tuttavia, al momento dell’elaborazione dell’impianto normativo adottato a livello europeo il concetto di benessere animale corrispondeva alla limitazione delle sofferenze non necessarie, secondo una concezione che ancorava le sue radici alla teoria delle cinque libertà, secondo l’impianto tipico delle libertà negative. L’obiettivo principale divenne quello di definire quale fosse il livello massimo di benessere animale compatibile con la tutela degli interessi economici correlati al settore agroalimentare. In questo senso la definizione di obiettivi minimi comuni a livello europeo voleva ridurre le differenze di regolamentazione tra gli Stati membri in maniera utile da limitare le distorsioni di mercato tra operatori di territori nazionali. Così, hanno iniziato a farsi largo i concetti di minimizzazione della sofferenza, di arricchimento ambientale, di adeguatezza delle misure di protezione adottate alle evidenze scientifiche disponibili, di densità di allevamento, di stordimento e divieto di mutilazione senza analgesia, fino a includere obblighi di formazione del personale deputato alla gestione degli animali e tentativi di misurazione del loro benessere basati su indicatori riferiti all’osservazione degli stessi. Questa narrativa e questa impostazione hanno determinato la definizione di uno degli impianti normativi che a livello internazionale costituiscono uno dei migliori e più estesi quadri di tutela degli animali utilizzati a scopo alimentare.

Presente e futuro della tutela degli animali allevati

Tuttavia, l’evoluzione della percezione sociale correlata all’importanza da attribuire al benessere animale, i rilevanti problemi correlati all’attuazione della normativa, la mancanza di una definizione univoca di “benessere animale” e di parametri definiti utili a valutarlo, nonché il ricorso a concetti vaghi quali “sufficienza”, “minimizzazione”, “adeguatezza”, richiedono oggi un ripensamento ragionato. La Commissione riconosce infatti come, ad oggi, una concezione del benessere animale correlata alla garanzia che gli animali non soffrano al di là di quanto necessario per assicurare il buon funzionamento del sistema di produzione alimentare non sia più accettabile:

Today, given the current societal concerns and market evolutions, such a subordinate role for the animal welfare objective seems no longer accepted”.

Questo concetto è venuto a evolversi secondo una prospettiva che può trovare il suo modello nella teoria dei cinque domini. L’accento è posto così sulla valutazione dello stato fisico e mentale di un animale, in relazione alle condizioni in cui vive e muore, ma anche al rilievo di esperienze positive e del soddisfacimento dei bisogni etologici di specie, secondo un approccio maggiormente teso al modello tipico delle libertà positive. Gli emendamenti che negli anni sono stati apportati all’impianto normativo europeo non ne hanno modificato la struttura originaria, tuttavia l’approccio utilizzato, l’introduzione dell’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, la previsione a livello di singoli Stati membri di requisiti più stringenti in relazione alla tutela degli animali hanno determinato e dimostrato un mutamento del quadro sociale e politico europeo. Inoltre le pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea hanno contribuito alla ridefinizione del quadro normativo europeo a tutela degli animali, riconoscendo il loro benessere quale obiettivo legittimo di interesse generale. La predisposizione dell’impianto normativo all’interno di un quadro storico e socioeconomico che non riconosceva questa evidenza, concorre oggi a determinarne l’inadeguatezza, con il rischio di confondere la protezione degli animali da indebite sofferenze con la tutela effettiva del loro benessere.

Le criticità della normativa

La commissione pone l’accento su alcune specifiche criticità emerse dall’analisi della normativa:

  • mancato adeguamento alle più recenti evidenze scientifiche;
  • difficoltà di implementazione della normativa;
  • compresenza di standard di tutela differenziati a livello di singoli Stati membri;
  • utilizzo di termini vaghi e inadeguati a costituire efficaci parametri normativi di riferimento.

Con riferimento alla fase della macellazione, si evidenziano problematiche rilevanti in relazione allo stordimento con bagni d’acqua per il pollame e alla mancata predisposizione di specifici requisiti di tutela per i pesci, riconosciuti dalla scienza come esseri senzienti. Considerevoli criticità sono confermate in relazione all’attuazione della regolamentazione sul trasporto e all’obiettivo della riduzione dei tempi di spostamento nei quali gli animali sono coinvolti. La tendenza generale è stata all’aumento della durata degli spostamenti, correlata a criticità rilevanti in relazione alle alte temperature, allo spostamento di animali fragili, al tempo di riposo, ad abbeveraggio e alimentazione, nonché all’esportazione di animali vivi al di fuori dei territori dell’Unione Europea. La commissione sottolinea inoltre come le sanzioni previste in caso di mancato adeguamento alla normativa differiscono in maniera sostanziale tra Stati membri, non costituendo così un sufficiente deterrente alla commissione di violazioni (nel 2020 le sanzioni amministrative nei diversi Stati membri ammontavano a 7.703). Allo stesso modo avviene in diverse circostanze, come in relazione al taglio routinario della coda, vietato, ma di fatto ampiamente praticato nei territori dell’Unione, coadiuvato dall’ampio margine di interpretazione del termine. Nonostante l’utilizzo di una terminologia vaga sia necessaria nella redazione di testi normativi a livello europeo, al fine di concedere un margine di adeguamento sufficiente perché gli Stati possano darne attuazione, all’interno di questo specifico impianto normativo, l’utilizzo improprio di questo genere di termini costituisce un ostacolo rilevante proprio in riferimento a questo stesso obiettivo. Addirittura all’interno della regolamentazione sul trasporto di animali vivi, la cui stessa natura farebbe propendere per una possibile maggiore incisività redazionale, il termine “sufficiente” è utilizzato 21 volte, il termine “adeguato” 14 e il termine “appropriato” 39. Manca una definizione terminologica precisa, causa di un margine di interpretazione troppo ampio, come avviene nel caso del termine “routinario” riferito al taglio illecito delle code nei suini. Permangono inoltre rilevanti deroghe in relazione alle previsioni introdotte, riducendo l’efficacia della normativa nell’offrire una tutela adeguata agli animali. Il 92% dei partecipanti alla consultazione pubblica operata hanno infatti affermato che la legislazione vigente non garantisce una protezione adeguata e uniforme di tutte le specie che richiedono tutela. Il 64% degli intervistati ha definito la normativa europea poco chiara e di difficile applicazione. A ciò si accompagna un differente impegno politico regionale nel dare attuazione alle normative europee. La commissione riporta come, nel 2019, in Italia e in Spagna non sia stato registrato alcun tentativo di provvedere all’introduzione di standard di tutela degli animali superiori ai minimi imposti dalla normativa europea. A ciò si oppone un diverso posizionamento in Germania, dove la regolamentazione a tutela degli animali prescinde dalla semplice attuazione dei livelli di tutela minimi imposti dal legislatore europeo. Il margine di sussidiarietà concessa agli Stati membri nel dare seguito a una maggiore tutela del benessere animale costituisce inoltre una problematica in relazione agli operatori del settore agroalimentare, obbligati ad adeguarsi a standard differenziati.

La strada da intraprendere per la revisione della normativa

Dall’analisi rapporto costi-benefici correlato all’attuazione della normativa a tutela degli animali d’allevamento, emergono gli indubbi benefici per animali, consumatori, ambiente e salute pubblica, nonché per i tassi di produttività e per la qualità dei prodotti alimentari. Alcuni Stati, ad esempio, adottano requisiti di maggior tutela del benessere animale per accedere a settori del mercato che gli resterebbero altrimenti preclusi. Dalla valutazione degli interessi dei diversi stakeholders, è stata confermata la necessità di provvedere a una più ampia e trasparente informazione dei consumatori è una migliore definizione degli standard che necessitano di essere rispettati per conformarsi alla normativa. Nel complesso dall’analisi del documento si possono trarre le seguenti conclusioni:

  • le previsioni normative ad oggi vigenti richiedono di essere aggiornate alla luce dei recenti sviluppi scientifici e tecnologici, colmando le lacune normative che si registrano in relazione ad alcune specie e alla considerazione di previsioni di maggiore dettaglio;
  • la normativa vigente a livello europeo non assicura un livello ottimale di protezione agli animali, in considerazione del fatto che restino tuttora legittime pratiche in grado di arrecare danno agli animali;
  • il concetto di “benessere animale” è mutato, passando dal principio di minimizzazione della sofferenza alla promozione di esperienze positive per gli animali. La normativa europea richiede di essere aggiornata in maniera tale da risultare coerente con questo approccio;
  • la tutela del benessere animale si pone al centro di un sistema alimentare sostenibile, che deve essere l’obiettivo verso il quale avviare la transizione dei modelli di produzione europei. Una migliore tutela del benessere animale è foriera di un impatto positivo in termini di sostenibilità sociale e ambientale, contribuendo alla riduzione delle emissioni e promuovendo una positiva reputazione degli attori del mercato;
  • la stretta interconnessione ad oggi esistente tra tutela del benessere animale, salute animale, salute pubblica (One Health), richiede di essere considerata nella revisione dell’impianto normativo. Garantire migliori condizioni di allevamento implica ridurre l’utilizzo di antibiotici e di conseguenza l’antibiotico resistenza;
  • risultano necessarie una maggiore armonizzazione sia a livello di regolamentazione che di controlli, e una migliore e più trasparente informazione dei consumatori;
  • la normativa europea tutela degli animali richiede di essere aggiornata al fine di rispondere alle aspettative e alle preoccupazioni etiche dei consumatori e della società tutta.

L’auspicio è dunque che il nuovo impianto normativo non disattenda le aspettative, mutando radicalmente l’approccio originariamente adottato, verso un pieno riconoscimento del benessere animale quale elemento da tenere in piena considerazione nel bilanciamento tra interessi umani e non umani. Tutelare il benessere animale deve costituire una priorità al fine di assicurare una transizione a modelli di produzione sostenibili ed eticamente orientati.

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