ALI sostiene il referendum per vietare la caccia nei fondi privati

Invitiamo a sottoscrivere con SPID la richiesta di abrogare la norma del codice civile che consente l’accesso indiscriminato dei cacciatori ai fondi privati.

Pubblicato il 23/09/2024

Animal Law Italia ha deciso di sostenere la raccolta firme per il referendum che mira ad abrogare il diritto di accesso dei cacciatori nei fondi privati senza il consenso del proprietario.

Attualmente, l’articolo 842 del codice civile consente ai cacciatori di entrare nei fondi privati anche senza il permesso del proprietario, a meno che il fondo non sia chiuso nei modi previsti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto che potrebbero subire danni. Questa situazione, oltre a favorire la caccia, rappresenta anche una violazione dei diritti di proprietà e crea rischi per la sicurezza delle persone.

La proposta chiede l’abrogazione parziale dell’articolo 842, al fine di restituire ai proprietari il pieno controllo sulle loro terre, senza dover affrontare i costi ingenti di recintare i propri terreni. Si tratta di una battaglia portata avanti da decenni dal movimento anticaccia, e ora abbiamo l’opportunità di fare un passo avanti decisivo verso un cambiamento.

Questo referendum rappresenta una chance storica per contribuire alla riduzione delle attività venatorie. Vi invitiamo quindi a sottoscrivere questa proposta referendaria a questo link. Da quest’anno è infatti possibile utilizzare lo vostro SPID per firmare in modo sicuro e veloce. Vi ricordiamo che questa iniziativa dovrà ricevere almeno 500.000 firme certificate per raggiungere il quorum necessario.

Una riflessione sugli altri quesiti referendari

Parallelamente, il comitato organizzatore di questo referendum ha proposto altri quesiti su tematiche di grande rilevanza, come l’abolizione degli allevamenti intensivi, la caccia, le manifestazioni storiche con utilizzo di animali, i circhi e i giardini zoologici. La nostra associazione aderisce sul piano morale a queste richieste. Tuttavia, dopo un’attenta analisi, riteniamo che, pur condividendo appieno gli obiettivi, i quesiti presentati siano tecnicamente insufficienti per ottenere i risultati sperati.

La formulazione dei quesiti prevede di eliminare alcune parole dall’art. 19 ter delle disp. att. e coord. del codice penale, una norma di chiusura che ha la finalità di chiarire quali siano le attività di tipo economico o ludico che, se svolte nell’ambito dei requisiti previsti dalla legge speciale che le disciplina, non possono configurare i reati di uccisione e maltrattamento di animali. Tuttavia, eliminare il riferimento alle singole “attività consentite” non le rende immediatamente illegali, proprio perché queste sono comunque rese legali da norme speciali e chiunque le svolga potrà comunque invocare l’esimente dell’esercizio di un diritto.

Da giuristi, abbiamo valutato che la soluzione di queste problematiche richiede soluzioni più complesse rispetto a quelle indicate nei quesiti che potrebbero essere dichiarati inammissibili in sede di esame da parte della Corte costituzionale. In ogni caso, ammettendo pure di superare tale vaglio, riteniamo che anche un eventuale voto favorevole in un referendum con raggiungimento del quorum non sarebbe risolutivo per ottenere quanto dichiarato dai promotori.

Alla luce di questo, riteniamo necessario innanzitutto partire da uno studio approfondito della stratificazione normativa nazionale ed europea riguardante i temi oggetto di queste proposte, per verificare se lo strumento referendario, previsto dall’art. 75 della Costituzione solo come abrogativo, possa o meno essere l’istituto di democrazia diretta più adatto per realizzare un’innovazione giuridica così significativa.

Per questi motivi, pur non supportando questi quesiti, continueremo a lavorare per raggiungere gli obiettivi che essi si propongono con gli strumenti giuridici più appropriati.

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