Enrico Alleva, “Consigli a un giovane etologo”

Un testo fondamentale, che non può mancare nella libreria di ogni addetto ai lavori ma risulta utile anche per i profani.

Si impone una necessaria premessa. Perché recensire oggi un libro la cui prima edizione risale al 1994?

Il suo autore, Enrico Alleva, è un noto e stimato etologo. Nel tentativo di ridurre la mia ignoranza avvertendone anche un dovere professionale considerando le tematiche che affronto da ormai alcuni anni, ho incrociato il Prof. Alleva. La sua conoscenza è stata “virtuale” ma sufficiente a farmi intrigare da quel suo modo di spiegare e raccontare di etologia quasi affabulatorio.

In occasione di un recente convegno di etologia dove mi sono intrufolato tra il pubblico, il Prof. Alleva ha speso parole di sincera emozione per avere intravisto poco prima di iniziare il proprio intervento una studentessa leggere quel “volumetto” che tanti anni prima lui stesso aveva scritto e pubblicato.

Quel volumetto aveva come titolo “Consigli a un giovane etologo”, che è “anche” una preziosa guida per chi avesse voglia di intraprendere il mestiere dell’etologo. Ma non è solo quello.

È soprattutto una dichiarazione di amore verso l’etologia senza risparmio di note polemiche urbi et orbi. Come quando avverte i lettori che forse un giorno toccherà agli animali umani essere oggetto di studio da parte di qualche studioso extra terrestre e che questo studio potrebbe essere già in atto, classificando noi umani «come esseri immondi, solo capaci di sciupare, inquinare, stravolgere ed esaurire» il mondo che ci ha ospitato. Difficile non condividere tale previsione che se illo tempore era solo tale, oggi è una preoccupante realtà.

Alleva ruba la penna a Gianni Rodari quando racconta della Tartona, una immensa tartaruga che ha accompagnato la sua infanzia, ricordandoci come sia importante la presenza di un animale (che non deve essere necessariamente un cane o un gatto) nella vita di un bambino. Mancando, quest’ultimo maturerà una diffidenza verso gli animali che potrà divenire paura o, peggio, il bambino considererà gli animali come uomini proiettando su di loro pericolose negatività irrispettose di ogni necessità psicofisica riconducibile ad una animale.

Il ruolo insostituibile dell’etologo è per Alleva quello di interprete dei segnali che la natura invia al fine di creare pacifiche convivenze tra coloro che dividono uno stesso spazio terrestre sempre più affollato. Anche con i ratti, consapevoli — gli etologici — che è del tutto inutile escogitare sistemi efferati per la loro sterminazione.

Anche in questo caso il collegamento con la stretta attualità è sorprendente, se pensiamo alle recenti polemiche piovute addosso all’amministrazione comunale capitolina riconducibili all’idea di procedere alla sterilizzazione dei ratti per bloccarne l’invasione cittadina. E il discorso potrebbe allargarsi alle nutrie, ai lupi, agli orsi. Temi delicati, e oggi di grande attualità ed estrema preoccupazione.

Un’autentica lezione di etologia è quella che l’autore ci regala nel capitolo quarto, dedicato al falco che abitava quello “stesso” albero vicino all’Università di Stanford, per il dispiacere degli scoiattolini–vittime che si aggiravano nei parchi antistanti l’Università. Altrettanto cariche di significato etologico le pagine dedicate ai topi (capitolo settimo), animali ai quali Alleva ha dedicato un particolare studio.

Alleva ammonisce i suoi potenziali e futuri discepoli di trasmutarsi nella specie oggetto di studio fino «ad arrivare a pensare con la testa di quell’animale, come se la mente umana e quella animale si confondessero». Così facendo c’è forse il tentativo — confessa l’autore — «di sentirsi parte di un’armonica integrazione nel mondo animale, senza distinzioni né superbia di specie superiore».

Ricordando il pensiero di Darwin su quanto sia lecito proiettare categorie propriamente umane sugli animali, Alleva giunge alla conclusione che se da una parte non vanno censurate le analogie con l’uomo, dall’altra non si può comunque eccedere con «un’overdose di umanizzazione». Anche in questo caso una veggenza da non sottovalutare.

Chissà che un giorno non si possa leggere un libro parimenti emozionante dal titolo “Consigli a un giovane avvocato”.

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